Responsabilita’ dell’ente pubblico per danni da dissesto delle strade

La norma in virtù della quale viene ravvisata la responsabilità degli enti pubblici per i danni che i cittadini subiscono a causa del dissesto delle strade va individuata nell’art. 2051 del Codice Civile.

Questo stabilisce : “Ciascuno è responsabile del danno cagionato dalle cose che ha in custodia, salvo che provi il caso fortuito”

L’ente pubblico (in genere il Comune, ma anche la Provincia o la Regione, nel caso di strade Provinciali o Regionali) pertanto, avendo la custodia delle strade, è responsabile del danno cagionato dalle stesse, (poiché si presuppone che siano state  mal custodite); e può liberarsi da tale responsabilità solo provando che il fatto (e cioè la caduta della persona) è stato  causato da “caso fortuito”.

Tale norma pone una presunzione di responsabilità a carico del custode del Comune superabile solo dalla prova del caso fortuito.

La Giurisprudenza ha precisato poi che, per  “caso fortuito”, deve  intendersi un fattore che attiene non ad un comportamento del responsabile, quanto al profilo causale dell’evento, riconducibile……ad un elemento esterno recante i caratteri dell’oggettiva imprevedibilità ed inevitabilità (ex plurimis Cass. 27/3/2007 n. 7403).

In passato era prevalente un orientamento giurisprudenziale in virtù del quale il danneggiato doveva solo provare l’avvenimento del fatto (e cioè la caduta), la presenza dell’insidia (e cioè la buca ecc.) e il nesso causale (e cioè che la caduta si era verificata a causa della buca ). Ciò era ritenuto sufficiente per ottenere il risarcimento dei danni.

Intorno agli anni 1995-1996, per circa un decennio, la giurisprudenza ha però assunto un atteggiamento più rigoroso.

Non riteneva cioè sufficiente la sola prova dell’avvenimento del fatto, dell’insidia, e del nesso causale, ma richiedeva anche che il danneggiato provasse che la caduta era stata causata da una “insidia o trabocchetto”  e cioè che  il danneggiato provasse anche che  “la buca” fosse oggettivamente inevitabile  e soggettivamente imprevedibile.

Se la “buca”  era visibile, e quindi l’insidia era  prevedibile ed evitabile, veniva escluso il risarcimento.

In generale, poi, si tendeva ad escludere l’applicabilità (agli enti pubblici) del rigido regime di presunzione di responsabilità stabilito dall’art. 2051 Cod. Civ.

Si affermava cioè, che, essendo molto ampio il patrimonio  stradale soggetto alla custodia degli enti pubblici, gli stessi, di fatto, non potessero esercitare una adeguata custodia.

In virtù di tale considerazione si era affermato che l’art. 2051 Cod. Civ. non fosse applicabile agli enti pubblici.

Successivamente, però, si è instaurato nuovamente l’orientamento del passato.

Si è riaffermato, cioè, che anche gli enti pubblici sono soggetti alla disciplina dell’art. 2051 C.C., nonostante l’ampiezza del numero delle strade soggette alla loro custodia.

Si è affermato, di conseguenza, che, stante il tenore letterale dell’art. 2051 C.C., non debba essere il danneggiato a dover provare l’imprevedibilità e l’ inevitabilità dell’insidia.

Ad oggi, quindi, ai fini del risarcimento, è  di nuovo sufficiente provare l’esistenza dell’insidia (una buca, un massello di un marciapiedi non ben ancorato al terreno e che quindi si muove ecc.) e che si è caduti a causa di tale insidia.